Progetto Campus: ripensare la scuola

Come relazionarsi con questi adolescenti "fragili e spavaldi", secondo la definizione dello psicoterapeuta Gustavo Pietropolli Charmet e quali sono le risposte che il mondo scolastico offre a questi ragazzi, che il maestro di strada Marco Rossi Doria definisce "ultraprotetti"?

 L'innovazione del sistema scolastico è un percorso urgente nel Paese, ma non sempre il pubblico mette a disposizione il budget necessario, il Trentino questa scelta l'ha fatta, altri posti no". E uno dei progetti avviati è stato proprio Campus 

Pietropolli Charmet, psichiatra, psicoterapeuta. "Quando mi sono imbattuto in questo progetto sono rimasto sbigottito dalla genuinità, dalla semplicità delle proposte e delle metodologie con cui si cercavano di realizzare obiettivi altissimi. Ritengo sia indispensabile che si ricrei l'alleanza educativa fra scuola e famiglia e che la scuola riacquisti significato simbolico ed istituzionale.Per fare questo il progetto Campus è partito dal concetto di gruppo: ad esempio per creare relazioni stabili ai ragazzi della prima viene chiesto di fare tutti assieme, all'inizio della scuola, una vacanza di una settimana in montagna, al contempo i genitori sono invitati a presentare dal vivo il loro figlio alla scuola".

I due esperti quindi si sono soffermati sulla cosiddetta "area gialla" di Campus, ovvero un laboratorio dove vengono ospitati i ragazzi che non dimostrano il concetto di limite, non più quindi un'esclusione, un'espulsione dai processi educativi, quanto un'inclusione . "Quando ero giovane c'erano i collegi, non certo l'area gialla – spiega Pietropolli Charmet -. I ragazzi non avevano scampo: avevano paura dei castighi, che all'epoca esistevano, e soprattutto dovevano sentirsi in colpa, a priori. Oggi. . non si può fare più paura ai ragazzi, il repertorio tradizionale è in soffitta, quindi ciò che conta è valorizzarli, far loro capire che sono pensati.

"Ai miei tempi – ha aggiunto Rossi Doria – l'area gialla non serviva, mio ​​papà era d'accordo con il mio maestro e se prendevo un voto basso ricevevo un sacco di sberle. Oggi invece i ragazzi sono pochi, circondati da zii, parenti, genitori e solo quando arrivano a scuola si accorgono che ci sono altri come loro.Un tempo vi erano fratelli e sorelle, vi era il quartiere, dove si poteva sperimentare una socialità spontanea, oggi solo la scuola è il posto della socialità . , Campus ci offre ulteriori occasioni di socialità non direttamente legate a ciò che si apprende in un percorso finalizzato".

Se Campus sia o non esportabile è tutta un'altra questione. Per Rossi Doria si potrebbero esportare alcune esperienze, come il rapporto più stretto fra mani e mente: "Sicuramente esporterei la formazione professionale nei licei". Per Gustavo Pietropolli Charmet si potrebbe invece: "trasferire buona parte del repertorio di Campus nelle scuole medie, perché lì non ci sono ancora discipline definite, con le quali fare i conti. Certo, prima di farlo bisogna creare le condizioni giuste, come qui in Trentino.Quando presento Campus in altre realtà mi chiedono dove sia stato applicato e immaginano Svezia e Danimarca.

Infine, sulla nostalgia del tempo passato: "Dobbiamo capire che non si può ripristinare la vecchia scuola – sono le conclusioni di Marco Rossi Doria -, con la nostra struttura demografica e coi profondi processi antropologici che attraversano la società non possiamo utilizzare il metodo del mio vecchio docente di ginnasio.Bisogna quindi prima ridare una funzione fondamentale all'adulto guida e poi porre ai nostri ragazzi la questione del limite, senza la quale l'umanità non va da nessuna parte: questo perché da un lato siamo essere morenti e il limite esiste per ciascuno, dall'altro perché il limite è implicito nel nostro stesso pianeta".

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